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“Disprassia” è un termine ben noto in molti Paesi, ma solo da pochi anni arrivato in Italia, dove troppo poco ancora se ne parla. Eppure su 100 bambini almeno 5 di essi convivono con questo disturbo. Nessuna causa appare ancora certa ad oggi. Ciò che si sa è che interessa maggiormente il sesso maschile, che ci sono fattori predisponenti (per esempio nascite pre-termine e parti gemellari) e che, con certezza, non scompare con la crescita, ma accompagna le persone per tutto l’arco della loro vita. Ma di cosa si tratta?

disprassia

Cos’è la disprassia 

La disprassia è un disturbo del neurosviluppo estremamente sfaccettato, ricco di caratteristiche che assumono connotazioni differenti in ogni soggetto e in relazione alle diverse fasce d’età. Possiamo definirla come la difficoltà nell’organizzare, pianificare, eseguire atti motori in contesti differenti. Una condizione che comporta difficoltà ben oltre la mera esecuzione di un movimento, interessando anche la possibilità del corpo di muoversi in spazi diversi per produrre atti finalizzati e in tempi adeguati. Questo è un prerequisito necessario e indispensabile per la conoscenza del mondo, per l’attivazione della propria agentività, per la costruzione di un pensiero strutturato e flessibile e per la definizione di campi di espressione cognitivi ed emotivi, supportati dal corpo in azione.

I segnali della disprassia

Già dai primi mesi di vita si possono osservare segni della sua presenza che possono fungere da campanelli d’allarme: ipersensibilità sensoriale, disturbi nel ritmo sonno-veglia, difficoltà nella suzione e ritardo nel raggiungimento di alcune tappe dello sviluppo motorio. Negli anni successivi il quadro si delinea maggiormente, evidenziando fragilità nell’organizzazione del movimento negli spazi grandi (es. salire e scendere le scale, correre, saltare, giocare con la palla) e piccoli (es. disegnare, colorare, scrivere, tagliare, costruire), nella percezione del tempo e orientamento in esso (es. sapere quanto tempo è passato, quanto ne manca, quale giorno della settimana è, quale evento precede o segue un altro). La difficoltà nell’organizzazione spazio-temporale si riflette direttamente nelle diverse aree delle attività quotidiane, come la cura di sé, l’abbigliamento, l’alimentazione, la scuola, le attività ludiche e sportive e tutto ciò che accompagna il bambino durante le sue giornate. L’esperienza motoria scarsamente coordinata in un tempo poco delineato non consente ai bambini di supportare adeguatamente la strutturazione di processi di pensiero visuo-spaziale, che sono alla base di molti apprendimenti. Inoltre, la scarsa capacità di modulazione coinvolge sia la sfera dei sensi, sia quella del movimento, sia quella delle emozioni.

Stare vicini a un bambino con disprassia

Ogni bambino con disprassia ha caratteristiche proprie ed esprime le difficoltà in misura differente nelle diverse aree: ci sono bambini che hanno maggiori difficoltà a muoversi in modo coordinato ed efficace nello spazio grande, altri che faticano ad organizzare lo spazio piccolo del foglio; alcuni hanno difficoltà a parlare e/o mangiare, altri ad organizzare i movimenti dello sguardo. L’espressione del disturbo, mantenendo lo stesso substrato di base, può essere dunque estremamente variegata e può coinvolgere una o più dimensioni. Certo è che, nelle differenti fasi di crescita, modificandosi le richieste da parte dell’ambiente, assume valore diverso. 

Un disturbo tanto complesso e trasversale ai contesti di vita richiede necessariamente che tutte le persone (genitori, familiari, pediatri, educatori, insegnanti, allenatori, riabilitatori, ecc.) che sono vicine al bambino siano informate e correttamente ingaggiate per sostenere i suoi processi di crescita e che tutti lavorino insieme, condividendo strumenti e modalità, confrontandosi sulle necessità emergenti e sui successi progressivi.

Il rapporto tra emozioni e salute 

Le emozioni, in quanto rappresentazioni delle nostre esperienze, attraverso l’energia di cui sono dotate e i processi biochimici e cognitivi che attivano, influenzano l’equilibrio organico e psicologico dell’unità mente-corpo. Per questa ragione, sia le emozioni che gli atteggiamenti mentali assumono un ruolo fondamentale rispetto al benessere e alla salute. Esperienze presenti, passate o future, private o professionali, così come schemi di pensiero e atteggiamenti, attraverso le emozioni che attivano, sono in grado di influenzare l’equilibrio fisico e psicologico dell’unità mente-corpo.

Se emozioni e atteggiamenti mentali negativi si protraggono per un periodo prolungato, non di rado, oltre a facilitare la comparsa problematiche di natura psicopatologica, contribuiscono all’insorgenza di disturbi che si manifestano a livello organico. Tra i più frequenti: asma, cefalea, artrite, problematiche cardiovascolari e gastrointestinali, ecc. Al contrario, emozioni e atteggiamenti mentali come calma, serenità, ottimismo, fiducia e altruismo, così come contesti relazionali e ambientali di supporto al benessere personale, svolgono un’azione estremamente positiva sul sistema immunitario, sul funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio e sul potenziamento delle capacità di guarigione dell’organismo umano. 

Nella visione olistica tipica dell’approccio psicosomatico, la salute è caratterizzata da diversi livelli di complessità, in riferimento alla nozione di sistema e di ordine stratificato. Tutti gli organismi viventi fanno parte di sistemi più ampi (per esempio: individuo-famiglia-società-ecosistema) e sono al loro interno riconducibili a sottosistemi (per esempio: individuo-apparati-organi-cellule). Qualunque impatto su un elemento componente influenza l’intero sistema. 

Lo stato di salute, più che un fenomeno statico, è dunque una condizione di equilibrio dinamico che comporta attività e cambiamenti continui in risposta alle sfide ambientali. Lo stato di malattia sarebbe conseguenza di una serie di fasi di squilibrio prolungato o cronico. Un esempio di stato di squilibrio dell’organismo in risposta alle influenze ambientali è rappresentato dal concetto di stress: uno stress temporaneo, che origina una fase transitoria di squilibrio, rappresenta un aspetto essenziale per la vita, ma se esso diviene cronico può svolgere un ruolo importante nello sviluppo di molte malattie.

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